IL PUNTO DI VISTA_Intervista a Danilo Chiavari: Presales Manager Italy di Veeam

02 novembre 2022
IL PUNTO DI VISTA_Intervista a Danilo Chiavari: Presales Manager Italy di Veeam

Conoscere il mercato e i suoi nuovi trend in anticipo. Ma non solo. Conoscerlo e analizzarlo attraverso la voce di esperti del settore, opinion leader capaci di offrire spunti di riflessione e uno sguardo alto sul mondo IT.

È questo l’obiettivo de “Il punto di vista di”: una nuova serie di interviste, ed eventi, che hanno l’obiettivo di diffondere la Cultura Digitale e promuovere l’Innovazione e il Cambiamento in azienda.

Si tratta di momenti contributivi con un format agile - cinque domande - per conoscere l’Innovazione e guardarla attraverso lo sguardo d’eccezione di chi la detta.

Negli ultimi due anni, infatti, la tecnologia è passata da abilitatore a vero protagonista del Cambiamento, ecco perché, in questo nuovo scenario, occorre anche adeguare lo stile e l’approccio dei contenuti dedicati.

La nuova voce d’eccezione è Danilo Chiavari, Presales Manager di Veeam Software.

Chi sei, cosa fai e tre aggettivi per descriverti.

Sono Danilo Chiavari, Presales Manager per l’Italia in Veeam Software.

Sono in azienda da oltre dieci anni, un lungo periodo in cui ho avuto la possibilità di assistere all’evoluzione e al cambiamento di Veeam.

Il mio ruolo è quello di Responsabile della Prevendita, significa che ho un contatto diretto e costante con il mercato, con i Clienti finali e con l’ecosistema dei partner, che mi permette di avere un approccio concreto nel mio lavoro, ben focalizzato sui reali bisogni dei miei interlocutori. 

Se devo pensare a tre aggettivi per descrivermi direi: tenace, attento ai dettagli (che poi è un modo carino per dire che so essere un gran rompiscatole) ed appassionato. Quest’ultimo credo mi definisca al meglio: la passione per quello che faccio è per me la spinta costante a crescere, imparare e cercare di fare meglio ogni giorno.

Come è cambiata la Digital Transformation?

Il contatto privilegiato con Clienti, con il mercato e con i partner mi ha dato anche l’occasione di seguire l’evoluzione della Digital Transformation, di osservare quindi come la sua interpretazione sia cambiata.

All’inizio associavamo al concetto di Digital Transformation un cambio di strumentazione, quindi un modo diverso di pensare e usufruire dei servizi. Poi si è parlato di un cambiamento che interessava anche i processi di business, le modalità quindi con cui venivano pensati i processi interni, un passaggio determinante, perché cambia soprattutto come vengono integrati in azienda. In questo scenario cambia ed evolve anche il ruolo delle persone, come cioè interagiscono con questi servizi.

Fino ad arrivare agli ultimi anni, ad un’evoluzione ancora più spinta del concetto di Trasformazione Digitale: un’evoluzione che racconta la volontà, e le necessità, di considerare il dato aziendale come asset, un patrimonio su cui poter capitalizzare e utilizzare per prendere decisioni meglio informate, più circostanziate. Un patrimonio per essere agili, veloci e rispondere in maniera reattiva e pronta alle sollecitazioni e alle sfide quotidiane del mercato.

Cosa significa oggi fare Innovazione?

Ognuno di noi negli ultimi anni ha assistito a moltissime novità, più che innovazioni, cioè all’introduzione di nuove tecnologie. Tra queste non tutte sono andate a buon fine, proprio perché non tutte le novità diventano una vera Innovazione. Non è un caso infatti che l’Innovazione contenga il suffisso parlante come azione: perché se ci pensiamo l’Innovazione deve condurre, e scatenare, una reazione, un movimento. Ecco, in questo scenario, la tecnologia, per fare Innovazione, deve essere accompagnata da una strategia, da un senso, da uno scopo che la orienti. Nel contesto del mercato IT, la tecnologia potrà trasformarsi in vera Innovazione solo se associata alla volontà di velocizzare, automatizzare i processi aziendali e valorizzare così il business.

Qual è oggi il ruolo della tecnologia?

Un ruolo fondamentale, che è quello di colmare dei gap.

La tecnologia infatti può essere uno strumento importante per mettere in comunicazione realtà distanti, diverse. Pensiamo ad esempio alla trasformazione verso il Cloud, uno strumento facilmente accessibile e rapido, da poter utilizzare e di cui fruire: le criticità però possono sorgere quando si tratta di metterlo in comunicazione con un’infrastruttura tradizionale. Ecco, in questi casi potrebbe venir meno il dialogo, potrebbe quindi mancare quella comunicazione bidirezionale utile per ottenere un ambiente eterogeneo sì, ma gestito centralmente e in maniera armoniosa. Un rischio che porterebbe quindi all’insorgere di due realtà differenti, due satelliti distinti e separati che non si incontrano mai. Un risultato non solo poco efficiente dal punto di vista delle operation, ma un vero e proprio costo aggiuntivo, perché si tratta di scarsa efficienza.

Proprio per questo motivo, in Veeam, l’obiettivo è quello di rendere disponibili delle funzionalità all’interno dei nostri software che permettano, in modo semplice e armonioso, di passare da una risorsa cloud a una on premises e viceversa, come parte di un processo di data protection. Proteggere quindi il dato sì, ma anche permettere di spostarlo, di migrarlo in maniera trasparente e tra contesti diversi.

Secondo te qual è l'innovazione tecnologica più disruptive di sempre? 

Il termine disruptive in inglese mi piace molto, dà l’idea della dirompenza, di qualcosa che crea discontinuità. Se penso all’innovazione più importante degli ultimi trent’anni, penso al telefono cellulare prima, e allo smartphone poi. Un’innovazione che ha permesso di azzerare completamente i ritardi nelle comunicazioni. Ma come tutti gli eventi dirompenti, lo smartphone, e il suo utilizzo, ci hanno condotto anche alla necessità di ricercare nuovi equilibri, il work/life balance di cui tanto si parla, un bilanciamento cioè tra vita privata e lavorativa.

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