ASSISTENTI VIRTUALI: cosa sono, come si usano in azienda e quali sono le migliori applicazioni

20 aprile 2022
ASSISTENTI VIRTUALI: cosa sono, come si usano in azienda e quali sono le migliori applicazioni
Sergente Lorusso per Npo Sistemi

Durante i contatti con i servizi di assistenza risulta sempre più frequente ritrovarci ad interagire con un assistente virtuale, un’applicazione basata sull’Intelligenza Artificiale in grado di affiancare o sostituire del tutto gli operatori umani, soprattutto nel contesto delle attività di routine. La storia degli assistenti virtuali parte più da lontano, più precisamente dal mercato consumer e soltanto più recentemente ha trovato la via del successo anche nel contesto enterprise. Tecnologie di cognitive computing evolute come quelle di IBM Watson consentono oggi di sviluppare assistenti virtuali sempre più realistici e capaci di interagire in modo naturale con le persone, al punto che diventa sempre più complesso distinguerli dagli operatori umani.

Cosa sono gli assistenti virtuali

Un assistente virtuale è una applicazione software in grado di comprendere il linguaggio naturale dell’uomo per completare le operazioni da egli richieste. Le funzioni basilari che un assistente virtuale è in grado di svolgere non differiscono molto da quelle tradizionalmente svolte da un assistente personale, come la classica figura della segretaria d’ufficio, tra cui:

  • Aggiungere e modificare eventi su un calendario / agenda
  • Creare messaggi di testo a partire da un dettato vocale
  • Gestire la messaggistica vocale e la segreteria telefonica
  • Gestire le telefonate in chiamata e ricezione
  • Creare le to-do-list e aggiornarle in funzione delle attività eseguite
  • Gestire sistemi di navigazione
  • Riprodurre servizi di informazione come news e meteo
  • Prenotare voli, alberghi e ristoranti

A livello consumer, gli assistenti virtuali hanno incontrato una notevole fortuna critica e commerciale grazie ai sistemi di automazione domestica intelligenti (smart home), dotati di hub basati sull’intelligenza artificiale, come la celebre Alexa, capace di recepire le istruzioni vocali delle persone per attivare e gestire mediante appositi comandi di interfaccia le periferiche smart che popolano ormai diffusamente le nostre case: lampade, termostati, serrande, telecamere, oltre a grandi e piccoli elettrodomestici.

A livello di dotazioni personali, gli assistenti vocali sono sempre più diffusi ed efficienti nell’ambito delle interfacce dei dispositivi mobile, grazie a sistemi conversazionali come Apple Siri per iOS e l’Assistente Google per Android. Come vedremo, il successo riscontrato in ambito consumer ha ben presto catturato l’attenzione del business enterprise, soprattutto per quanto concerne le procedure di relazione con il cliente (CRM), fondamentali per i servizi di customer care.

Gli assistenti virtuali evoluti sfruttano le capacità del cognitive computing, quella branca dell’Intelligenza Artificiale che fa riferimento all’effettuare le operazioni imitando il modo con cui lo farebbe il pensiero umano. Per raggiungere un risultato efficace nella comprensione dell’utente, un assistente virtuale trova supporto in una grande varietà di tecniche di Intelligenza Artificiale, come il Machine Learning (ML), il Natural Language Processing (NLP) e i vari metodi di speech recognition (ricognizione vocale) attualmente esistenti.

Tali tecniche progrediscono e vengono affinate in continuazione, migliorando la propria efficienza nel tempo, al di là dell’intrinseca capacità dell’apprendimento automatico. Il cognitive computing consente alla macchina di instaurare una relazione sempre più realistica e credibile con le persone con cui è chiamata ad interagire, attraverso la conversazione.

Gli assistenti virtuali (virtual assistant / AI assistant / digital assistant) vengono spesso confusi con i chatbot, pre-programmati per eseguire certi schemi conversazionali, e gli smart adviser, i famosi suggeritori che siamo soliti incontrare negli e-shop, che si distinguono principalmente per il fatto di essere orientati sul soggetto, anziché sul processo. Anche se tali differenze trovano piena giustificazione se pensiamo al contesto e agli obiettivi per cui le tre interfacce conversazionali sono state concepite e progettate, oggi i confini definiti dalle etichette si sono notevolmente sfumati e sono sempre più frequenti le ibridazioni funzionali, nella direzione di sviluppare un sistema unificato, capace di effettuare conversazioni realistiche e credibili con il cliente, a prescindere dagli obiettivi delle singole applicazioni.

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